Con un’interessante pronuncia, la Cassazione fa il punto della situazione in ordine all’istituto della liberazione anticipata della pena.
Dopo averne tratteggiato la finalità, di “riconoscimento della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione, da riferire alla sua condotta esteriore”, la Suprema Corte rammenta che i relativi indici rivelatori sono costituiti, in caso di arresti domiciliari (o di detenzione domiciliare) dall’esame l’esame del comportamento complessivo del soggetto, ivi compreso il rispetto delle prescrizioni imposte dall’Autorità Giudiziaria e senza alcuna decisione automatica.
Nella vicenda in esame il Tribunale di sorveglianza aveva negato la liberazione anticipata chiesta dal soggetto che si trovava agli arresti domiciliari, essendo risultata provata – nel semestre di riferimento – la violazione ai divieti impostigli, avendo egli ricevuto la propria madre ed il figliolo presso la sua abitazione nel giorno del suo compleanno.
Secondo i supremi Giudici si tratta indubbiamente di un comportamento violativo delle prescrizioni imposte, che non esime tuttavia i Magistrati dal dovere di verificarne il reale disvalore ed in particolare la potenzialità a compromettere la partecipazione all’opera di rieducazione in atto.
Per le sue esposte considerazioni viene disposto l’annullamento dell’impugnato provvedimento, con rinvio al Tribunale di sorveglianza per un altro giudizio.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 febbraio – 9 aprile 2021, n. 13412
Presidente Casa – Relatore Centofanti
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, confermando la sfavorevole decisione del Magistrato di sorveglianza di Cosenza, negava a D.C.E.S. la liberazione anticipata relativa al semestre di pena compreso tra il 19 aprile e il 19 ottobre 2019.
Secondo il Tribunale, D.C. , in arresti domiciliari presso la propria abitazione, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 10, aveva trasgredito alle prescrizioni imposte, giacché il (omissis), giorno del suo compleanno, aveva ricevuto in casa, senza autorizzazione, persone non conviventi, vale a dire la propria figlia, la ex compagna e un altro conoscente.
2. D.C. ricorre per cassazione, tramite il difensore di fiducia, sulla base di unico motivo con cui denuncia violazione di legge.
La decisione impugnata in parte sarebbe frutto di una lettura impropria e travisata delle risultanze prccessuali, e nel resto rifletterebbe un ingiustificato automatismo sanzionatorio. Il detenuto aveva in effetti ospitato, in occasione del compleanno, la figlia e la attuale (e non ex) compagna, ma non aveva ricevuto terze persone, essendo il preteso conoscente stato visto soltanto all’esterno, a colloquio con sua madre. Così ridimensionata, la violazione era palesemente inidonea a giustificare il provvedimento di rigore a suo carico adottato.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
2. La concessione della liberazione anticipata costituisce, secondo principi acquisiti, il riconoscimento della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione, da riferire alla sua condotta esteriore (Sez. 1, n. 12746 del 07/03/2012, Rumieri, Rv. 252355-01), la quale certamente deve essere valutata, come indicato dall’art. 103 reg. es. Ord. pen., con particolare riferimento all’impegno dal medesimo dimostrato nel trarre profitto dalle opportunità offerte nel corso del trattamento e al mantenimento di corretti e costruttivi rapporti anche con gli operatori penitenziari (Sez. 1, n. 17229 del 27/02/2001, Fidanzati, Rv. 218745-01; Sez. 1, n. 6204 del 12/11/1999, Gstrein, Rv. 214832-01).
Allorché la pena venga espiata agli arresti domiciliari, o in detenzione domiciliare, e manchino quindi il trattamento rieducativo svolto in istituto e la correlativa partecipazione ad esso del detenuto, assume rilevanza decisiva la valutazione della sua condotta sotto il profilo del modo con cui egli ha saputo trarre profitto dai margini di libertà offertigli. Tale parametro di valutazione non si esaurisce nel controllo del rispetto delle prescrizioni imposte, ma investe l’esame del comportamento complessivo del soggetto in modo da trarre da esso ogni elemento che esprima, o neghi, l’evoluzione positiva della sua personalità (Sez. 1, n. 6259 del 07/11/1997, dep. 1998, Pistolesi, Rv. 209522-01).
In difetto dell’osservazione scientifica della personalità e del trattamento rieducativo, l’indagine sulla partecipazione all’opera di reinserimento deve essere dunque compiuta con riferimento alla condotta serbata, all’osservanza degli obblighi ed all’espletamento dell’attività lavorativa, se consentita (Sez. 1, n. 89 del 11/01/1994, Camarilla, Rv. 196561-01; Sez. 1, n. 3514 del 23/09/1992, Spampinato, Rv. 192841-01).
La valutazione deve essere d’insieme, ed è illegittimo ogni automatismo (Sez. 1, n. 4603 del 26/09/1995, Galassi, Rv. 202508-01), dovendo il diniego del beneficio essere sorretto, anche in caso di trasgressione, da una completa valutazione fattuale e psicologica dell’addebito, in modo che ne risulti l’incidenza negativa sulla partecipazione del condannato all’opera di rieducazione (Sez. 1, n. 51463 del 24/05/2017, Irace, Rv. 271595-01).
I relativi apprezzamenti non sono censurabili in sede di legittimità, solo se sorretti da motivazione adeguata, razionale ed esaustiva.
3. Valutata alla stregua di tali principi, l’ordinanza impugnata si rivela viziata.
Il colloquio intrattenuto dalla madre del ricorrente con un terzo estraneo al nucleo familiare (anche se gravato da precedenti di polizia), all’esterno dell’abitazione, rappresenta condotta in sé lecita, in ogni caso non riferibile al ricorrente medesimo nè tale da lasciar univocamente presumere che il terzo si fosse intrattenuto in casa con lui. La corrispondente deduzione appare illogica.
La rimanente condotta, ossia la temporanea ospitalità concessa a persone non conviventi, ma legate al detenuto da rilevanti legami affettivi (il figlio e la madre di lui), in un’occasione particolare (la ricorrenza del compleanno), difettando la relativa autorizzazione si pone in violazione delle prescrizione formalmente imposte, ma il Tribunale di sorveglianza è tenuto a rivalutarne, nel contesto dato, la gravità e a misurarne, alla luce dell’andamento complessivo della misura, la reale incidenza in termini di partecipazione all’opera di rieducazione.
4. Si impone, alla luce di tali considerazioni, l’annullamento della decisione impugnata, con rinvio al giudice che l’ha adottata per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.