Con sentenza 27229, depositata oggi 30/9/2020 (in calce), la seconda sezione penale della Corte di Cassazione dichiara la legittimità dell’arresto operato, circa un’ora dopo i fatti, nei confronti di un indagato per truffa aggravata dalla circostanza di cui all’art. 61 n. 5 cp. (“l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”).
Costui si era reso protagonista della – purtroppo assai nota – “truffa dello specchietto”, riuscendo così a procurarsi € 100,00= dalla vittima, la cui sorella aveva poi richiesto telefonicamente l’intervento delle Forze dell’ordine, fornendo una descrizione del soggetto.
Questi rendeva confessione in ordine al reato contestatogli e gli operanti lo traevano in arresto, che non veniva però convalidato dal Tribunale.
Il Giudice di merito, infatti, non ravvisava alcuna “quasi flagranza”, difettando – a suo giudizio – l’ inseguimento nell’accezione delineata dall’art. 382 cpp, giacché la PG non aveva direttamente percepito il reato.
La Procura proponeva tempestivo ricorso in Cassazione avverso tale decisione, ritenuta violativa della legge laddove non reputava integrata la quasi flagranza del reato, commesso da soggetto tratto in arresto mentre era ancora in possesso di tracce del delitto.
La Cassazione condivide i rilievi del PG, rammentando che ricorrere la “quasi flagranza”, laddove il prevenuto sia colto “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”.
In tale evenienza – contrariamente a quanto accade nell’ipotesi dell’inseguimento – non è richiesto che la PG percepisca direttamente la consumazione del reato, bastando l’immediata percezione delle c.d. “tracce del reato” e della loro sicura riferibilità all’indagato.
Tale ultima ipotesi sussiste nei fatti sopra esposti, per cui viene dichiarata la legittimità dell’operato arresto.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 – 30 settembre 2020, n. 27229
Presidente Diotallevi – Relatore Sgadari
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Messina non convalidava l’arresto di Sc. Um., indagato per il reato di truffa aggravata (ex art. 640, comma 2, n. 2-bis e 61, comma 1, n. 5 cod. pen.), consistita nel simulare un sinistro stradale ottenendo dalla persona offesa la somma di 100 euro (cosiddetta truffa dello specchietto).
Il Tribunale riteneva che non sussistessero i presupposti della quasi flagranza del reato, tenuto conto che l’arresto sarebbe intervenuto “non nell’immediatezza dei fatti, bensì ad una certa distanza temporale dagli stessi ed in conseguenza delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, nonché di successiva ed ulteriore attività di indagine volta alla ricerca dell’autore del fatto”.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica di Messina, deducendo violazione di legge per non avere il Tribunale ritenuto sussistente lo stato di quasi flagranza del reato, omettendo di tenere in considerazione che l’arresto era avvenuto a distanza di circa un’ora dal fatto, dopo un inseguimento e quando l’indagato era ancora in possesso di tracce del reato.
Più in particolare, dopo la chiamata al 113 del fratello della vittima, l’indagato era stato arrestato quando ancora indossava lo stesso abbigliamento descritto dalla persona offesa, alla guida della medesima autovettura utilizzata per commettere il delitto con lo specchietto appositamente modificato per simularne la rottura. L’indagato, peraltro, aveva successivamente reso piena confessione in sede di interrogatorio.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
Dalla ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale risulta che l’indagato era stato arrestato dopo appena un’ora dal fatto, sulla base di una segnalazione telefonica della sorella della persona offesa senza che la polizia giudiziaria avesse avuto diretta percezione del fatto.
Il successivo intervento delle forze dell’ordine, pertanto, sebbene fosse avvenuto dopo poco tempo, non aveva configurato un caso di “inseguimento”, nell’accezione del termine utilizzato dall’art. 382 cod. proc. pen., che presuppone la diretta percezione del delitto da parte della polizia giudiziaria.
Tuttavia, l’indiziato, poi reo confesso, era stato trovato, senza apprezzabile lasso temporale dal fatto, ancora in possesso di una traccia chiara ed inequivocabile del reato, costituita dal possesso di una autovettura con uno specchietto conformato in modo da poter eseguire il raggiro della specifica truffa che era stata segnalata dalla sorella della vittima.
Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità che il collegio condivide, in tema di arresto in flagranza, l’integrazione dell’ipotesi di cd. “quasi flagranza” costituita dalla “sorpresa” dell’indiziato “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima” non richiede – a differenza del caso dell’inseguimento – che la polizia giudiziaria abbia diretta percezione della commissione del reato, essendo sufficiente l’immediata percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che legittimamente i carabinieri avessero proceduto all’arresto in flagranza dei reati di omicidio stradale e di fuga dopo un incidente stradale, di due soggetti che, sulla base delle indicazioni fornite da alcuni testimoni, venivano sopresi, quattro ore dopo i fatti, uno ancora a bordo dell’autovettura con un asciugamano intriso di sangue e l’altro presso l’ospedale mentre ricorreva alle cure mediche per le lesioni riportate) (Sez. 4, n. 53553 del 26/10/2017, Kukigi, Rv. 271683) Massime precedenti Conformi: N. 46159 del 2008 Rv. 241756, N. 7305 del 2010 Rv. 246496, N. 44041 del 2014 Rv. 262097, N. 19948 del 2017 Rv. 270317; n. 51210 del 2019, non massimata (RG34482/2019).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiara legittimo l’arresto operato.