Con la breve, ma interessante sentenza n. 26118/2020, depositata ieri 16 Settembre 2020 (in calce), la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha ritenuto la violazione di legge della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, limitatamente alla subordinazione della sospensione condizionale della pena “ … al versamento del canone mensile dell’abitazione familiare…. a partire dal mese corrente e sino a quando saranno assunte le definitive e complessive determinazioni… finalizzate a regolamentare gli oneri di mantenimento del figlio minore”.
Infatti, l’art. 165 c.p. – che contempla le condotte alle quali può essere concesso il detto beneficio – non prevede quanto stabilito dal Giudice di merito.
Trattasi pertanto, conclude il supremo Collegio, di un’obbligazione creata dal Giudicante, al di fuori delle tassative ipotesi previste dalla legge.
All’accoglimento del ricorso consegue l’annullamento dell’impugnato provvedimento “limitatamente alla apposizione della condizione, ferma restando la sospensione della pena.”

 

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 giugno – 16 settembre 2020, n. 26118
Presidente Costanzo – Relatore Di Stefano

Motivi della decisione

B.K. ricorre a mezzo del difensore contro la sentenza in epigrafe, di applicazione della pena su richiesta per i reati di cui agli artt. 572 e 582 c.p., nella parte in cui subordina la sospensione condizionale della pena “al versamento del canone mensile dell’abitazione familiare…. a partire dal mese corrente e sino a quando saranno assunte le definitive e complessive determinazioni… finalizzate a regolamentare gli oneri di mantenimento del figlio minore” ritenendole in motivazione “condotte finalizzate ad elidere conseguenze dannose di reati quali la necessità per la persona offesa di allontanarsi dall’abitazione familiare per proteggere l’incolumità propria e del figlio…”.
Deduce:
primo motivo: violazione di legge per la indeterminatezza dell’obbligazione. Rileva che si tratta di obbligazioni diverse da quelle previste dall’art. 165, c.p., peraltro imposte con decorrenza anteriore a quella del passaggio in giudicato della sentenza.
Secondo motivo: violazione di legge per non essere indicata la effettiva data iniziale e finale della condotta riparatoria.
Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in quanto non si fa riferimento al danno penale, per il quale rileva la condotta riparatoria, ma al risarcimento del danno civile.
Il ricorso è fondato.
In particolare è fondato il primo motivo, restando gli altri motivi assorbiti. Non ricorre alcuna delle condotte cui, ex art. 165 c.p., può essere subordinata la sospensione condizionale della pena: certamente non si tratta di adempimento dell’obbligo delle restituzioni nè del pagamento della somma liquidata per risarcimento del danno. Il giudice ha individuato, pur se al di fuori dell’esercizio della giurisdizione civile, che non è previsto nel procedimento di applicazione della pena anche quando vi sia la parte civile, una “nuova” obbligazione laddove, con la condizione ex art. 165 c.p.p., non può che imporre l’esecuzione di una obbligazione preesistente.
Non ricorre neanche un caso di subordinazione all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato” in quanto la condotta imposta non è espressamente mirata all’eliminazione delle conseguenze dirette dei reati.
La sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio limitatamente alla apposizione della condizione, ferma restando la sospensione della pena.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla condizione apposta alla sospensione condizionale della pena.