Si riporta il testo della sentenza 38.751, emessa all’udienza 3 ottobre 2024 e depositata il successivo 22 ottobre 2024 dalla sezione IV della Cassazione penale, di indubbia rilevanza pratica.

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Cass. pen., sez. IV, ud. 3 ottobre 2024 (dep. 22 ottobre 2024), n. 38751

Presidente Piccialli –  Relatore Calafiore

Ritenuto in fatto

  1. Con ordinanza del 16 febbraio 2024, il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso proposto da F.A. avverso il provvedimento con cui, in data 20 giugno 2023, il Giudice unico dello stesso Tribunale aveva rigettato una sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sul presupposto della mancata indicazione del codice fiscale, giacché quello indicato era stato ricavato attraverso l’applicativo on line e non avendo il difensore depositato l’integrazione documentale richiesta. In particolare, il Tribunale, dopo aver ricordato l’insegnamento giurisprudenziale che ha ribadito la condizione di ammissibilità costituita dalla indicazione del codice fiscale e/o del suo indirizzo anagrafico, in caso di richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato da parte di cittadino extracomunitario, ha osservato che nel caso di specie il richiedente non aveva neanche indicato un domicilio fiscale stabile in Italia, così rendendo impossibile l’effettuazione dei controlli sulla sua situazione reddituale.
  2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione F.A. a mezzo del suo difensore, deducendo un motivo di doglianza, con il quale ha eccepito violazione dell’art. 6, comma 2, d.P.R. n. 605 del 1973 e vizio di motivazione. Ritiene, infatti, il ricorrente che la disciplina dell’anagrafe tributaria e del codice fiscale dei contribuenti prevede che, nei casi di soggetti non residenti nel territorio dello Stato, l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4, con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero.

A suo dire, pertanto, configurandosi la sua posizione come quella di un cittadino extracomunitario sprovvisto di codice fiscale, non sarebbe stata necessaria l’indicazione del codice fiscale, potendosi ovviare ad esso mediante la rappresentazione dei suoi dati anagrafici e del domicilio o sede legale all’estero, come da lui correttamente effettuato nel caso di specie, ove i dati erano stati compiutamente allegati ed autocertificati.

In ogni modo, il primo giudice avrebbe potuto superare la ritenuta omissione accertando, attraverso i suoi poteri istruttori, il codice fiscale appartenente all’istante. All’esplicitazione del motivo di ricorso, il ricorrente fa seguire alcune deduzioni relative alla esclusione nel procedimento dell’obbligo di versare il contributo unificato e l’applicabilità della disciplina penale delle impugnazioni.

  1. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che il ricorso venga accolto, con annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Considerato in diritto

  1. Il ricorso è fondato.
  2. L’art. 79 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), prevede, a pena di inammissibilità della domanda di ammissione al patrocinio dei non abbienti, l’indicazione del codice fiscale. In sede di disciplina dei casi in cui è obbligatoria l’indicazione del codice fiscale, il testo dell’art. 6, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), prevede espressamente che «l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4» – dello stesso d.P.R. – «con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero. Il citato art. 4, primo comma, lettera a), del d.P.R. n. 605 del 1973 richiede, ai fini dell’attribuzione del numero di codice fiscale delle persone fisiche, esclusivamente i seguenti dati: cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio fiscale.
  3. Secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale n. 144 del 2004: <<in sede di disciplina dei casi in cui è obbligatoria l’indicazione del codice fiscale, il testo dell’art. 6, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), prevede espressamente che «l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4» – dello stesso d.P.R. – «con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero»; che il richiamato art. 4, primo comma, lettera a), del d.P.R. n. 605 del 1973 richiede, ai fini dell’attribuzione del numero di codice fiscale delle persone fisiche, esclusivamente i seguenti dati: cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio fiscale; che, alla stregua della normativa suddetta, agli effetti dell’ammissibilità dell’istanza diretta ad ottenere il beneficio in questione, nulla appare escludere la possibilità che lo straniero extracomunitario, in luogo dell’indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all’art. 4 citato, oltre al proprio domicilio all’estero>>.
  4. Ciò premesso, l’odierno ricorrente ha dedotto di non essere in possesso del codice fiscale ma di aver indicato oltre agli altri dati anagrafici, anche il proprio domicilio fiscale all’estero. L’ordinanza pare avvalorare tale affermazione, laddove rimprovera all’istante la mancata indicazione di uno stabile domicilio fiscale in Italia.
  5. Orbene, (come già affermato da Sez. 4, n. 30047 del 23 aprile 2024) alla stregua della normativa sopra indicata, agli effetti dell’ammissibilità dell’istanza diretta ad ottenere il beneficio in questione, nulla appare escludere la possibilità che lo straniero non residente in Italia, pure se residente in un paese UE, in luogo dell’indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all’art. 4 citato, oltre al proprio domicilio all’estero. Dalle norme in questione, infatti, non si ricava alcun onere, per il cittadino straniero non residente, di munirsi di un codice fiscale italiano al fine di avanzare la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fermo restando l’obbligo, di cui all’art. 76 del DPR 115 del 2002, di allegazione alla istanza del reddito prodotto come risultante dalla ultima dichiarazione presentata nel paese di residenza.
  6. Né la lettura della ordinanza n.144 del 2004 della Corte Costituzionaleporta alle conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Milano. In quella sede il giudice delle leggi, decidendo sulla legittimità costituzionale dell’art. 79 DPR 115/2002se interpretato nel senso di richiedere, a pena di inammissibilità, anche per il cittadino extracomunitario il codice fiscale, ha rilevato che la lettura congiunta dell’art. 6 e dell’art. 4 del DPR n. 605 del 1973 consentiva di ritenere sufficiente, per il cittadino straniero irregolare, la sola indicazione del domicilio nel paese estero.
  7. Alla luce di quanto esposto si impone l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al Presidente del Tribunale di Milano per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo giudizio al Presidente del Tribunale di Milano.