Con sentenza della Corte di Cassazione n. 18332/22 (Depositata il 9 maggio 2022) è stata
dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Procuratore Generale avverso la sentenza del tribunale, che aveva dichiarato non punibile Tizio in relazione al reato di evasione.
L’imputato, pur posto agli arresti domiciliari, si era allontanato dall’abitazione per 500 m., senza la necessaria autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
Il tribunale aveva tuttavia ritenuto sussistente la tenuità del fatto, dichiarando non punibile Tizio, ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale.
Secondo la pubblica accusa pubblica accusa, invece, il giudice di merito non avrebbe fatto corretta applicazione dei criteri di legge, necessari per l’applicazione di detto istituto.
La Cassazione reputa però infondata la doglianza, evidenziando come il tribunale abbia correttamente utilizzato i criteri imposti dalla legge per riconoscere la non punibilità del fatto, in adesione ai consolidati orientamenti giurisprudenziali sul punto.
Dunque, il ricorso viene dichiarato inammissibile.
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Cass. pen., sez. VI, ud. 29 marzo 2022 (dep. 9 maggio 2022), n. 18332

Presidente Costanzo – Relatore Calvanese

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, il Tribunale di Caltanissetta dichiarava l’imputato D.V. non punibile, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., per il reato di cui all’art. 385 c.p..

All’imputato era stato contestato di essersi allontanato il 15 agosto 2021 senza autorizzazione sulla pubblica via a 500 metri dalla propria abitazione, dove era detenuto agli arresti domiciliari.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione per saltum il Procuratore generale indicato in epigrafe, denunciando i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Violazione di legge.

Erroneamente il Giudice ha ritenuto applicabile la causa di esclusione di punibilità, in assenza dei presupposti necessari per l’inquadramento della condotta dell’imputato nell’ipotesi di cui all’art. 131-bis c.p..

La norma infatti richiede l’esame di tutti gli indicatori della particolare tenuità del fatto relativi alla condotta, al danno e alla colpevolezza.

Il Tribunale ha invece utilizzato circostanze che nulla aggiungono in tema di scemata offensività e che potevano rilevare soltanto ai fini della dosimetria della pena.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi del del D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, art. 23,comma 8, convertito dalla L. n. 176 del 18 dicembre 2020, (così come modificato per il termine di vigenza dal D.L. n. 228 del 30 dicembre 2021), in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e il difensore del ricorrente hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Non sussiste la dedotta violazione di legge, in quanto il Tribunale ha operato una valutazione congiunta degli elementi rilevanti ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità, che risulta immune da rilievi di legittimità.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito, nell’interpretazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, che il giudice di merito, chiamato a pronunziarsi sulla relativa richiesta, è tenuto a fornire adeguata motivazione del suo convincimento, frutto della valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, compiuta utilizzando quali parametri di riferimento i criteri previsti dall’art. 133 c.p., comma 1, -modalità della condotta, grado di colpevolezza da esse desumibile ed entità del danno o del pericolo – e, specificamente, indicando quelli ritenuti all’uopo rilevanti (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590; Sez. 6, n. 5107 del 08/11/2018, Rv. 274647).

Tali principi sono stati declinati anche con riferimento al reato di evasione, qualora la fattispecie concreta, all’esito della suddetta valutazione, risulti caratterizzata da un’offensività minima (Sez. 6, n. 21514 del 02/07/2020, Rv. 279311).

Nel caso in esame, il Tribunale ha valorizzato, ritenendole rilevanti e decisive, la episodicità e le circostanze della condotta, che militavano per una scarsa offensività del fatto e una tenue intensità del dolo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.