Viola i precetti deontologici l’avvocato che – alla richiesta del cliente di restituzione della documentazione fornitagli di per l’espletamento del mandato – ne subordini la disponibilità al previo versamento delle sue spettanze professionali, anche ove provveda al relativo deposito presso il Consiglio dell’Ordine di appartenenza.
Analogamente censurabile è il comportamento del professionista che, dopo aver quantificato un determinato importo per le proprie competenze professionali, richieda somme maggiori.
A ribadire tale consolidato orientamento della giurisprudenza forense è il C.N.F. con la sentenza sotto riportata, ove si evidenzia anche l’indipendenza tra le statuizioni emesse dall’Autorità Giudiziaria in sede penale e quelle disciplinari.
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N. 60/18 R.G.
RD n. 103/21
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il Ministero della Giustizia, in Roma, presenti i Signori: –
Avv. Maria MASI
– Avv. Rosa CAPRIA
– Avv. Ermanno BALDASSARRE
– Avv. Stefano BERTOLLINI – Avv. Giampaolo BRIENZA – Avv. Aniello COSIMATO
– Avv. Gabriele MELOGLI
– Avv. Francesco NAPOLI
– Avv. Mario NAPOLI
– Avv. Giovanna OLLA’
– Avv. Francesca SORBI
– Avv. Isabella Maria STOPPANI
Presidente f.f. Segretario Componente
Componente Componente Componente Componente Componente
Componente Componente Componente
Componente
con l’intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Alessandro Cimmino ha emesso la seguente
SENTENZA
Ricorso proposto dall’Avv. [RICORRENTE] avverso la decisione in data 17/11/2017, con la quale il Consiglio Distrettuale di Disciplina di (…) gli ha inflitto la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi quattro.
Il ricorrente, avv. [RICORRENTE] non è comparso;
Per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di (…) nessuno è presente; Il Consigliere relatore avv. Gabriele Melogli svolge la relazione;
Inteso il P.G., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
FATTO
L’Avv. [RICORRENTE], con atto del 10.02.2018, ha interposto appello avverso la decisione N.9/17 del Consiglio Distrettuale di Disciplina di (…) del 17.11.2017, depositata il 15.01.2018, con la quale gli era stata irrogata la sanzione della sospensione di mesi quattro dall’esercizio della professione forense perché ritenuto responsabile delle seguenti violazioni: a) “illecito disciplinare p.p. dall’art. 50 Cod. Deont. per avere l’Avv. [RICORRENTE], quale parte processuale in proprio, ex art. 86 c.p.c., richiesto ed ottenuto dalla Cancelleria civile del Tribunale di (…), in data 14.01.2011, certificato di irrevocabilità della sentenza n. [OMISSIS]/2015 del suddetto Tribunale, pur nella consapevolezza, avendone ricevuto notifica in data 24.02.2006, che detta sentenza non era passato in giudicato in quanto impugnata ex art. 111 Cost., innanzi alla Corte di Cassazione con ricorso straordinario in giudizio ad oggi pendente e per aver altresì utilizzato detto certificato mediante allegazione alla memoria istruttoria ex art. 183 co. 6 n.2) c.p.c., depositata il 27.01.2011 nel giudizio rubricato al n. [OMISSIS]/09, nonché nei procedimenti nn. 292/2012 e 193/2012 ed in altri giudizi di opposizione ad esecuzioni promossi dal sig. [SEMPRONIO] contro esso Avv. [RICORRENTE]; condotta aggravata dalla circostanza che il certificato attestante la pendenza della impugnazione della sentenza n.[OMISSIS]/05 era stato allegato in data 11.06.2009 dall’Avv. [CAIO], difensore di [SEMPRONIO], alla memoria di replica nel giudizio di opposizione alla esecuzione rubricata al n. [OMISSIS]/04 del Tribunale di Fermo;
b) illecito disciplinare p.e.p. dall’art. 29 Cod. Deont. Per avere l’Avv. [RICORRENTE] omesso di consegnare alla sig.ra [MEVIA] nota dettagliata degli acconti ricevuti e delle spese sostenute, nonché per avere richiesto, dapprima stragiudizialmente nel giugno 2012, poi con ricorso per decreto ingiuntivo depositato in data 16.10.2012 dinanzi al Tribunale di (…) , compensi maggiori rispetto a quelli già indicati e versati a saldo dalla sig.ra [MEVIA], decreto ingiuntivo opposto e revocato dal Tribunale di (…) con sentenza del [OMISSIS].2014;
c) illecito disciplinare p.e p. dall’art. 33 Cod. Deont. per avere l’Avv. [RICORRENTE] omesso di restituire alla sig.ra [MEVIA] gli atti e i documenti dalla stessa consegnati per l’espletamento dei mandati conferiti, rifiuto esplicitato con racc. del 03.07.2012 inviata dall’Avv. [RICORRENTE] all’Avv. [FILANO], nuovo difensore della sig.ra [MEVIA]”.
In particolare, l’Avv. [RICORRENTE] lamenta nell’atto di impugnazione relativamente al capo a), di essersi limitato a richiedere alla Cancelleria del Tribunale di (…), in data 14.01.2011, un attestato di irrevocabilità della sentenza n. [OMISSIS]/2005, senza esercitare alcuna forma di pressione o di induzione in errore sul personale addetto alla Cancelleria, tant’è che il procedimento penale n.[OMISSIS]/2012, R.G.N.R., ipotizzato a suo carico per tale vicenda, era stato archiviato dal GIP di (…) con provvedimento del 26.03.2013, su conforme richiesta della Procura, per “mancanza di materialità del fatto- reato”. Era stato infatti accertato, anche attraverso le sommarie informazioni rese dagli addetti alla Cancelleria ([OMISSIS]), confermate in sede di procedimento disciplinare, che il fatto si era verificato per un loro grossolano errore, senza alcun concorso materiale o ideologico dell’Avv. [RICORRENTE], di talché, sostiene l’appellante, va automaticamente esclusa ogni responsabilità disciplinare per l’assoluta mancanza dell’elemento intenzionale.
Relativamente all’incolpazione di cui al capo b) l’Avv. [RICORRENTE] segnala di aver seguito la sig.ra [MEVIA] in cinque procedimenti giudiziari di varia natura, anche fuori sede, anticipando tutte le spese, ivi comprese quelle di viaggio e per acconti a colleghi domiciliatari; tanto per le precarie condizioni economiche della [MEVIA] stessa, risoltesi solo con la riscossione della somma di € 100.000,00 a seguito della transazione con il marito in data 14.05.2011, cui era conseguito il versamento da parte della [MEVIA] all’appellante dell’importo di € 5.000,00, a saldo della parcella per la causa di divorzio, e di altri € 5.000,00 come acconto per una procedura esecutiva immobiliare.
Aggiunge il [RICORRENTE] che, in precedenza, aveva ricevuto solo piccoli acconti dal fratello della [MEVIA] per cui, ricalcolati i compensi spettantigli per l’attività svolta, aveva inoltrato alla sua cliente ulteriore richiesta di un compenso aggiuntivo di € 10.128,77, richiesta respinta dalla [MEVIA], per cui si era rivolto al COA di (…) chiedendo la liquidazione dei compensi spettantigli, sulla cui base aveva chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo per € 26.198,66, revocato, a seguito dell’opposizione della [MEVIA], con sentenza [OMISSIS]/2014, peraltro prontamente appellata innanzi alla Corte di Appello di (…), di cui al giudizio [OMISSIS]/2015 ancora pendente all’epoca della presentazione dell’appello.
Assume l’Avv. [RICORRENTE] che la sua condotta era stata nella vicenda disciplinarmente ineccepibile, sia perchè la fattispecie andava inquadrata giuridicamente nell’ambito dell’art. 1328 c.c., sia perché i compensi richiesti erano certamente proporzionati all’attività svolta, atteso che erano stati liquidati dal Consiglio dell’Ordine. Relativamente al capo c), parimenti il [RICORRENTE] esclude ogni sua responsabilità disciplinare perchè gli atti e i documenti ai quali la [MEVIA] faceva riferimento non gli erano mai stati consegnati ma erano rimasti presso i precedenti legali o presso domiciliatari, più volte sollecitati per il ritiro, ma inutilmente.
Da ultimo il [RICORRENTE] denuncia l’omessa o contraddittoria motivazione della decisione relativamente alla determinazione della sanzione, lamentando sia la mancata enunciazione dei criteri, sia l’omessa complessiva valutazione dei fatti, chiedendo in ogni caso, subordinatamente, la riduzione della sanzione a giustizia ed equità.
Conclude, pertanto, per l’integrale riforma della impugnata decisione o, quantomeno, per l’applicazione della minima sanzione edittale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso dell’Avv. [RICORRENTE] è infondato e non merita accoglimento.
In merito al capo a) va infatti osservato che – a prescindere dalle argomentazioni difensive e dalla accertata irrilevanza penale del comportamento tenuto nella vicenda – sussiste comunque la responsabilità disciplinare del ricorrente in quanto egli non ha solo richiesto alla Cancelleria Civile del Tribunale di (…)un certificato di irrevocabilità della sentenza
[OMISSIS]/2005 (ben sapendo che la circostanza non era vera per i fatti pregressi, accertati e dettagliatamente descritti nel capo di incolpazione), ma ha impropriamente e ripetutamente utilizzato, coscientemente e volontariamente, tale errato certificato in sede giudiziaria nella piena consapevolezza che esso attestava fatti non rispondenti al vero.
È del tutto irrilevante, ai fini del giudizio di responsabilità disciplinare, sia la conclusione del procedimento penale, sia l’individuazione delle ragioni che hanno indotto in errore i funzionari della Cancelleria Civile del Tribunale di (…). L’accertata e dichiarata insussistenza in capo all’Avv. [RICORRENTE] di ogni ipotesi di falso ideologico per induzione (artt.48 e 479 c.p.) è stata infatti considerata e valutata dal CDD di (…) ai fini della dosimetria della sanzione irrogata, tant’è che la sua condotta è stata fatta rientrare, proprio a seguito di tale valutazione, tra i “casi meno gravi” di cui all’art. 22 c. 3 cod. deont., giudizio che questo Collegio condivide.
Parimenti infondate appaiono le censure dell’Avv. [RICORRENTE] relativamente all’illecito disciplinare previsto e punito dall’art. 29 del C.D.F.
Quel che si contesta all’Avv. [RICORRENTE] è non solo di non aver rimesso alla sig.ra [MEVIA] un “elenco dettagliato degli acconti e delle somme ricevute”, ma anche di aver richiesto, prima stragiudizialmente e poi con un procedimento monitorio, compensi maggiori rispetto a quelli già indicati e versati a saldo dalla predetta [MEVIA], costringendola ad una opposizione al decreto ingiuntivo conclusasi con sentenza del Tribunale di (…) che ha revocato il decreto stesso.
Ebbene le giustificazioni e considerazioni anche giuridiche svolte dall’Avv. [RICORRENTE] nell’atto di appello non giustificano, ad avviso di questo Collegio, una riforma della decisione del CDD. Non sono infatti rilevanti ai fini disciplinari la pluralità dei procedimenti nei quali la [MEVIA] è stata assistita dall’Avv. [RICORRENTE], né la mancata impugnazione amministrativa della liquidazione del compenso operata dal COA di Ancona, né il riferimento alla normativa di cui all’art. 1328 c.c. (che peraltro si ritiene inapplicabile) ma, quel che conta, è il comportamento disciplinarmente censurabile (ai sensi dell’art. 29 del C.D.F.) tenuto dal ricorrente, dettagliatamente descritto nei vari passaggi nella impugnata decisione del COA di (…) che aveva portato il Tribunale di Fermo a revocare, con la sentenza del 19.08.2014, il decreto ingiuntivo N. [OMISSIS]/2012 di € 26.198,66 ottenuto dall’Avv. [RICORRENTE] contro la [MEVIA] e da questa opposto., L’appello avverso detta sentenza promosso dall’Avv. [RICORRENTE] innanzi alla Corte di Appello di (…) (rubricato sotto il NRG [OMISSIS]/2015 R.G.) e soprattutto l’esito di tale giudizio (presumibilmente definito nell’anno 2019), non sono concretamente valutabili in questa sede, mancando la conoscenza e la prova dell’esito di tale giudizio, che pure avrebbe potuto essere fornita con le note depositate dal difensore dell’appellante in vista dell’odierna udienza.
Anche le censure mosse relativamente alle contestazioni di cui al capo c) non sono condivise da questo Collegio e vanno pertanto disattese.
La ricostruzione della vicenda operata dall’Avv. [RICORRENTE] per giustificare la mancata riconsegna alla sig.ra [MEVIA] degli atti e documenti necessari per avviare o continuare i procedimenti giudiziari nei quali l’aveva assistita, è priva di qualsiasi supporto documentale, mentre il rifiuto della riconsegna di tale documentazione trova conferma nella raccomandata spedita dal [RICORRENTE] all’Avv. [FILANO] (nuovo difensore della [MEVIA]) in data 03.07.2012 nella quale è precisato “che la documentazione in parola era stata depositata presso il COA di (…) e che il ritiro della stessa poteva avvenire previo pagamento della parcella vistata”.
Per quanto attiene infine la pretesa eccessiva onerosità della sanzione complessivamente irrogata all’Avv. [RICORRENTE] dal CDD di Ancona, anch’essa frutto di specifica doglianza da parte del ricorrente, ritiene il Collegio di non poter accedere alla chiesta riduzione in quanto il CDD ha tenuto conto del comportamento sanzionabile con la pena più grave (art.50 CDF), procedendo ad una valutazione complessiva del comportamento tenuto dal ricorrente e, pur riconducendo la vicenda di cui al capo a) tra i casi “meno gravi” di cui all’art. 22 c.3 Cod. deont., ha correttamente considerato l’illecito disciplinare di non scarsa rilevanza ritenendo congrua la sospensione di quattro mesi irrogata anche in considerazione della pluralità delle violazioni deontologiche, valutazione che questo Collegio pienamente condivide
P.Q.M.
Visti gli artt. 36 e 37 L. n.247/2012 e gli artt. 59 e segg. Del R.D. 22.1.1934, n.37.
Il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 18 marzo 2021.
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE f.f. f.to Avv. Rosa Capria f.to Avv. Maria Masi
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense, oggi 5 maggio 2021.
LA CONSIGLIERA SEGRETARIA f.to Avv. Rosa Capria