Accogliendo il ricorso, la Suprema Corte reputa che, nella vicenda, il porto di detto oggetto – considerate le circostanze di tempo e di luogo – non fosse finalizzato ad alcun evento lesivo, con conseguente insussistenza del detto reato.
L’assenza di pericolo, in particolare, viene desunta dal luogo di rinvenimento (“non all’interno dell’abitacolo”), all’orario (“in pieno giorno“) e dal luogo di rinvenimento (“non lontano dal luogo di lavoro dell’imputato”), ovvero “in condizioni di fatto che non evidenziano alcun pericolo per la incolumità di altri soggetti.”
Presidente Di Tomassi – Relatore Magi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza emessa in data 12 settembre 2019 il Tribunale di Brescia ha affermato la penale responsabilità di P.C. in relazione alla contestazione a lui ascritta. La condotta descritta nella imputazione – rubricata ai sensi della L. n. 110 del 1975, art. 4 – riguarda il porto al di fuori della abitazione di un bastone di legno lungo circa 90 cm. e dal peso di gr. 572.
Il fatto risulta avvenuto in (omissis).
1.1 La vicenda viene così descritta in sentenza.
Intorno alle ore 16.00 la vettura condotta dal P. veniva sottoposta a controllo sulla pubblica via.
All’interno del bagagliaio veniva rinvenuto il “manico di zappa” di cui alla imputazione.
Nella immediatezza il P. non forniva spiegazioni circa il possesso dell’oggetto.
1.2 In motivazione si afferma che la fattura di acquisto prodotta in giudizio è posteriore all’accertamento e che il P. non ha fornito spiegazione esauriente circa il porto dell’oggetto all’interno della vettura.
Viene ritenuta sussistente la lieve entità del fatto di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3 anche in ragione del giudizio favorevole sulla personalità dell’imputato, gravato da un precedente non specifico (sottrazione temporanea all’obbligo di servizio militare) e risalente al 1995.
Si ritiene non applicabile la speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..
La pena inflitta, concesse anche le circostanze attenuanti generiche, è pari ad Euro 800,00 di ammenda.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – P.C. . Il ricorso è affidato a cinque motivi, che si indicano nei limiti strettamente necessari per la motivazione della decisione, così come previsto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione della disposizione incriminatrice. Si evidenzia che l’oggetto portato al di fuori della abitazione è un bastone in legno e che la punibilità è in tal caso correlata ad un giudizio di idoneità del medesimo, per condizioni di tempo e luogo, a recare offesa alla persona. Nessuna idoneità in concreto poteva dirsi sussistente.
2.2 Al secondo motivo si deduce, in riferimento al medesimo profilo, apparenza di motivazione.
Il controllo è avvenuto in ora pomeridiana, in prossimità del luogo di lavoro dell’imputato e il bastone era chiuso nel baule della vettura. Si tratta di circostanze di fatto che escludono la destinazione prevista dalla norma incriminatrice.
Si evidenzia inoltre che nella immediatezza del fatto l’imputato aveva affermato che il bastone veniva utilizzato per fini lavorativi, per evitare la chiusura di una porta del capannone. Tale dichiarazione non sarebbe stata verbalizzata dagli operanti.
2.3 Al terzo motivo si deduce ulteriore vizio di motivazione.
La deduzione riguarda il giudizio in punto di giustificato motivo del porto.
2.4 Al quarto motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento al diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..
2.5 Al quinto motivo si deduce vizio di motivazione, sempre in riferimento al diniego della causa di non punibilità.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato, in riferimento al tema posto con i primi due motivi di ricorso.
1.1 La previsione di legge di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4quanto agli oggetti assimilabili alle armi improprie, richiede non soltanto la constatazione di assenza di giustificato motivo del portò ma anche l’ulteriore apprezzamento delle circostanze di fatto in punto di destinazione dell’oggetto: gli oggetti indicati specificamente nella prima parte della L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2, sono equiparabili alle armi improprie, per cui il loro porto costituisce reato alla sola condizione che avvenga “senza giustificato motivo”, mentre per gli altri oggetti, non indicati in dettaglio, cui si riferisce l’ultima parte della citata disposizione occorre anche che essi appaiano “chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona” (ex multis, Sez. I n. 10279 del 29.10.2011, dep.2012, rv 252223).
1.2 L’oggetto in questione è un comune bastone in legno (definito un manico di zappa dai verbalizzanti) e pertanto la punibilità del porto è correlata ad un esame in concreto di “circostanze di tempo e di luogo” tali da integrare la dimostrazione di un finalismo lesivo (verso la persona) della condotta di porto.
2. Circa tale aspetto la decisione impugnata risulta apodittica e non considera una serie di elementi di fatto che depongono marcatamente per l’assenza di visibili indicatori di tale finalismo.
L’oggetto era custodito non all’interno dell’abitacolo, il controllo è avvenuto in pieno giorno e non lontano dal luogo di lavoro dell’imputato, in condizioni di fatto che non evidenziano alcun pericolo per la incolumità di altri soggetti. Al di là della prospettata destinazione ad esigenze di utilità pratica correlate all’attività lavorativa effettivamente svolta, non vi sono pertanto margini utili ad una rivalutazione di tale profilo.
La decisione impugnata va pertanto annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.