SENTENZA N. 248
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Mario Rosario MORELLI
Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», e dell’art. 590-bis del codice penale, promossi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Treviso con ordinanza dell’11 aprile 2019, dal Tribunale ordinario di Milano, sezione quinta penale, con ordinanza del 24 maggio 2019 e dal Tribunale ordinario di Pisa con ordinanza del 12 luglio 2019, iscritte, rispettivamente, ai numeri 183 e 225 del registro ordinanze 2019 e al n. 5 del registro ordinanze 2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 44 e 51, prima serie speciale, dell’anno 2019 e n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visti gli atti di costituzione di B. B., di E. V. e di D. B., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 novembre 2020 il Giudice relatore Francesco Viganò;
uditi gli avvocati Stefano Pietrobon per B. B., Guido Aldo Carlo Camera e Marco Bisceglia per E. V., Salvatore Salidu e Stefano Borsacchi per D. B. e l’avvocato dello Stato Maurizio Greco, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020;
deliberato nella camera di consiglio del 4 novembre 2020.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza dell’11 aprile 2019 (r.o. n. 183 del 2019), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Treviso ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non ricomprende tra i reati perseguibili a querela il delitto di lesioni stradali gravi e gravissime di cui all’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, denunciandone il contrasto con gli artt. 76, 77, primo comma, 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.
1.1.– Il rimettente è investito dell’opposizione a un decreto penale di condanna emesso nei confronti di un imputato per il reato previsto dall’art. 590-bis, primo e ottavo comma, cod. pen., per avere, alla guida della propria autovettura, omesso di rispettare il segnale di stop e svolta obbligatoria a destra e di concedere la precedenza a un’altra autovettura, in violazione degli artt. 7, commi 1 e 14, e 145, commi 5 e 10, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), così cagionando a una persona lesioni personali gravi, con prognosi di guarigione in oltre quaranta giorni, nonché lesioni lievi ad altre tre persone.
1.1.1.– In punto di rilevanza delle questioni sollevate, il giudice a quo riferisce che l’imputato ha proposto tempestiva opposizione al decreto penale di condanna; che non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti a effetto speciale previste dall’art. 590-bis cod. pen., essendo quella delineata al suo ottavo comma (lesioni cagionate a più persone) un’ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo quoad poenam (è citata Corte di cassazione, sezione quarta penale, sentenza 20 settembre 1982, n. 8083); che nessuna delle persone offese ha sporto querela; che, tuttavia, il delitto risulta perseguibile d’ufficio, non essendo annoverato tra quelli per i quali il d.lgs. n. 36 del 2018 ha previsto la procedibilità a querela.
1.1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo preliminarmente espone che l’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario) aveva delegato il Governo a «prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all’articolo 610 del codice penale, e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per età o per infermità; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’articolo 339 del codice penale; 3) nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità».
Nell’esercitare la delega con l’adozione del d.lgs. n. 36 del 2018, il Governo non ha annoverato l’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilità, sostenendo, nella relazione illustrativa al provvedimento, che il delitto in questione rientrasse nelle ipotesi eccettuate dalla punibilità a querela, essendo la malattia, derivante da lesioni gravi e gravissime commesse in violazione delle norme di disciplina della circolazione stradale, equiparabile all’infermità che cagioni incapacità della vittima.
E però, il legislatore delegante avrebbe inteso collegare l’esclusione della procedibilità a querela alla commissione del reato in danno della persona offesa che si trovi in uno stato di incapacità preesistente alla condotta criminosa e, dunque, in condizioni di particolare vulnerabilità e di minorata difesa. L’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, derivante da lesioni gravi o gravissime in conseguenza di un sinistro stradale, non porrebbe invece la vittima in condizione di «soggezione» all’autore del reato, sicché non si giustificherebbe la necessità di una tutela rafforzata della persona offesa, la quale, ove impossibilitata a sporgere personalmente querela, potrebbe farlo attraverso gli strumenti previsti dagli artt. 121 cod. pen. e 77 del codice di procedura penale.
Del resto, la Commissione giustizia della Camera dei deputati avrebbe condizionato il proprio parere favorevole allo schema di decreto legislativo presentato dal Governo all’inclusione della fattispecie di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. nel novero dei reati procedibili a querela; condizione che, invece, il Governo avrebbe disatteso, invocando il «particolare allarme sociale» connesso al delitto in questione.
Le lesioni personali stradali, nell’ipotesi base di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen. – caratterizzata dalla generica violazione delle norme in materia di circolazione stradale – non si connoterebbero tuttavia per particolare gravità, a differenza delle ipotesi aggravate di cui ai commi successivi, caratterizzate dalla violazione di regole cautelari specifiche o dall’uso di sostanze alcooliche o stupefacenti.
1.1.2.1.– La lettura della delega data dal Governo comporterebbe una violazione dei principi e criteri direttivi impartiti dal legislatore delegante, con conseguente vulnus all’art. 76 Cost. La scelta del legislatore delegato frustrerebbe infatti la ratio deflattiva sottesa alla legge n. 103 del 2017, che aveva delegato il Governo ad aumentare le ipotesi di procedibilità a querela e contestualmente introdotto l’istituto dell’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162-ter cod. pen.), al fine di «evitare la celebrazione di processi ai quali le stesse persone offese non hanno (più) interesse, una volta ottenuta soddisfazione (in termini risarcitori) dall’autore del reato».
1.1.2.2.– La mancata inclusione del delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. nel novero dei reati perseguibili a querela determinerebbe altresì una lesione dell’art. 77, primo comma, Cost., «disciplinante i limiti (qui violati per difetto) entro i quali l’esecutivo può emanare decreti aventi valore di legge ordinaria», poiché il Governo avrebbe «oltrepassato il chiaro limite dettatogli dal Parlamento».
1.1.2.3.– Risulterebbe poi violato l’art. 25, secondo comma, Cost., poiché, nel disattendere i principi e criteri direttivi impartiti dalla legge delega n. 103 del 2017, il Governo si sarebbe discostato dalle scelte di politica criminale del Parlamento, così ledendo il principio della riserva di legge in materia penale, che attribuisce al Parlamento funzione centrale nella individuazione dei fatti da sottoporre a pena, delle sanzioni loro applicabili e delle materie da depenalizzare (è citata la sentenza di questa Corte n. 127 del 2017).
1.1.2.4.– La mancata previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. si porrebbe infine irragionevolmente in contrasto con la ratio complessiva della legge n. 103 del 2017, così violando l’art. 3 Cost.
E invero, la perseguibilità d’ufficio, da un lato, impedirebbe alla persona offesa di scegliere sia se avanzare istanza di punizione dell’autore del reato, sia se rinunciarvi, rimettendo la querela sporta, una volta conseguito il risarcimento del danno. Dall’altro lato, tale regime di procedibilità, rendendo inoperante la causa di estinzione del reato prevista dall’art. 162-ter cod. pen., disincentiverebbe l’autore del reato a ristorare la vittima, atteso che al risarcimento del danno non potrebbe comunque conseguire il proscioglimento.
1.2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili o infondate.
1.2.1.– L’interveniente evidenzia che le questioni di legittimità costituzionale sono sovrapponibili a quelle già dichiarate non fondate con la sentenza n. 223 del 2019 di questa Corte.
1.2.2.– L’Avvocatura generale dello Stato richiama poi le ulteriori sentenze n. 250 e n. 59 del 2016, n. 146 e n. 98 del 2015, n. 229 del 2014, n. 119 del 2013 e n. 293 del 2010, per sostenere che nel caso di specie, qualificabile come «ipotetico eccesso di delega in minus», il rimettente avrebbe omesso di considerare i «margini di delega» spettanti al legislatore delegato, così prospettando una questione manifestamente inammissibile.
1.2.3.– Le questioni sarebbero, comunque, infondate nel merito, poiché il legislatore delegato si sarebbe attenuto ai principi e criteri direttivi impartiti dal delegante, essendo corretta la scelta – posta a base della mancata previsione della perseguibilità a querela del delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. – di assimilare la malattia conseguente alle lesioni stradali gravi o gravissime allo stato di incapacità, previsto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 come ragione giustificatrice del mantenimento della procedibilità d’ufficio.
Il legislatore delegato «non [avrebbe potuto] che accoglier[e] la nozione più ampia» di incapacità, considerato che il delitto di cui all’art. 590-bis cod. pen. integrerebbe una fattispecie criminosa grave e connotata da particolare allarme sociale.
1.3.– Si è costituita in giudizio la parte B. B., mediante «atto di intervento».
1.3.1.– Ad avviso della parte, l’intervenuta pronuncia della citata sentenza n. 223 del 2019 non inciderebbe sull’ammissibilità delle odierne questioni di legittimità costituzionale, fondate su parametri costituzionali diversi (artt. 76, 77, 25, secondo comma, e 3 Cost., in luogo del solo art. 76) e argomentazioni differenti, quanto all’interpretazione del criterio di delega di cui all’art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 e quanto all’assenza di un legame imprescindibile tra violazione di regole cautelari e procedibilità d’ufficio.
1.3.2.– In relazione alle censure, sollevate dal giudice a quo, di violazione degli artt. 76, 77, primo comma, e 25 Cost., la parte privata ripercorre adesivamente le motivazioni dell’ordinanza di rimessione, illustrando l’iter di approvazione del d.lgs. n. 36 del 2018 e svolgendo ampi richiami alla giurisprudenza di questa Corte.
1.3.3.– In riferimento al parametro dell’art. 3 Cost., la parte lamenta che la scelta, operata dal d.lgs. n. 36 del 2018, di mantenere la perseguibilità d’ufficio per il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. introdurrebbe un’irragionevole disparità di trattamento rispetto al regime di procedibilità (a querela) del delitto di lesioni stradali lievi, ricompreso nell’ambito applicativo dell’art. 590, primo comma, cod. pen., che sarebbe connotato da un identico evento lesivo; e rispetto al delitto di lesioni personali in ambito sanitario, che, in base agli artt. 590 e 590-sexies cod. pen., risulta procedibile a querela, pur essendo anch’esso caratterizzato dalla violazione di norme cautelari.
1.3.4.– Con successiva memoria presentata entro il termine previsto dall’art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la parte ha precisato che il proprio «atto di intervento» va qualificato come atto di costituzione.
2.– Con ordinanza del 24 maggio 2019 (r.o. n. 225 del 2019), il Tribunale ordinario di Milano, sezione quinta penale, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 Cost., questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 36 del 2018, nella parte in cui, «in contrasto con quanto stabilito all’art. 1, co. 16, l. n. 103 del 27 giugno 2017, omette di prevedere la procedibilità a querela per i delitti di cui all’art. 590 bis co. 1 c.p., commess[i] ai danni di persone che non rientrino nelle categorie di cui all’art. 1 comma 16 lettera a)».
2.1.– Il rimettente deve giudicare della responsabilità penale di un imputato del reato previsto dall’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., per avere, alla guida della propria autovettura, omesso di concedere la precedenza a un motociclo, in violazione dell’art. 145 cod. strada, così cagionando al conducente del motociclo lesioni giudicate guaribili in cinquanta giorni.
2.1.1.– In punto di rilevanza della questione, il giudice a quo riferisce che dagli atti di causa emerge la responsabilità dell’imputato, sicché il processo non potrebbe che concludersi con una sentenza di condanna. Un diverso esito sarebbe prospettabile solo ove il reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. fosse punibile a querela, che, in specie, non è stata presentata.
2.1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente, richiamata la giurisprudenza costituzionale sulle modalità di esercizio della delega (sono citate le sentenze n. 127 del 2017, n. 250 e n. 59 del 2016, n. 146 e n. 98 del 2015, n. 119 del 2013, n. 276 del 2000, n. 41 del 1993 e n. 261 del 1992), osserva che la legge n. 103 del 2017, introducendo l’istituto dell’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162-ter cod. pen.) e contestualmente delegando il Governo a estendere la procedibilità a querela a tutti i reati contro la persona puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, con l’eccezione delle ipotesi di incapacità della persona offesa per età o per infermità, avrebbe perseguito il complessivo disegno di «allargare il novero delle fattispecie incriminatrici procedibili a querela in modo tale da consentire il più ampio impiego del novello meccanismo estintivo, dando la massima espansione della rilevanza delle condotte riparatorie a fini deflattivi e esprimendo il più grande favore verso i meccanismi conciliativi».
La deliberata scelta del legislatore delegato di non prevedere, nel d.lgs. n. 36 del 2018, la procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., risulterebbe distonica rispetto alla complessiva ratio della legge di delega e perciò lesiva dell’art. 76 Cost.
Nel prescrivere il mantenimento della procedibilità d’ufficio per i reati contro la persona nei quali la vittima sia incapace per infermità, l’art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 avrebbe inteso riferirsi ai casi in cui detto stato fosse preesistente alla commissione del reato, e non provocato da quest’ultimo, come emergerebbe dal parere reso sullo schema di decreto legislativo dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati. Non sussisterebbe infatti alcuna «immediata e ineludibile correlazione» tra i due stati, atteso che, secondo l’id quod plerumque accidit, le lesioni conseguenti a un sinistro stradale non comprometterebbero la capacità di autodeterminazione consapevole della vittima.
2.1.3.– I delitti di lesioni personali stradali gravi e gravissime di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., poiché connotati da «violazioni lievi delle norme sulla circolazione stradale […] prive di quel peculiare disvalore che caratterizza le condotte di guida più azzardate e pericolose per gli utenti della strada», susciterebbero minor allarme sociale rispetto alle condotte aggravate previste dai commi successivi della medesima disposizione, sicché, in relazione ai primi, il d.lgs. n. 36 del 2018 avrebbe dovuto introdurre la condizione di procedibilità della querela.
E invero, rispetto alle condotte sussumibili nell’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. sarebbe preponderante l’interesse della persona offesa a conseguire speditamente il risarcimento del danno, sicché «[s]ubordinare le esigenze risarcitorie della vittima alla celebrazione del procedimento penale non frustra soltanto gli interessi della persona offesa ma si risolve altresì in un irragionevole dispendio di risorse processuali».
2.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile o infondata, sulla base di argomentazioni sovrapponibili a quelle offerte nel giudizio iscritto al n. 183 del r.o. 2019.
2.3.– Si è costituito in giudizio l’imputato del giudizio a quo, chiedendo preliminarmente a questa Corte di sollevare innanzi a sé questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela dell’ipotesi delittuosa ivi prevista, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., e in ogni caso di accogliere le questioni prospettate dal Tribunale di Milano.
2.3.1.– A sostegno dell’accoglimento dell’istanza preliminare, la parte evidenzia il minor disvalore della fattispecie punita al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen. (caratterizzata dalla generica violazione di norme in materia di circolazione stradale) rispetto a quelle oggetto delle ipotesi aggravate di cui ai commi successivi (connotate dalla guida di veicoli a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, o dalla commissione di violazioni “qualificate” delle norme sulla circolazione stradale, sempre da parte di conducenti di veicoli a motore), lamentando l’irragionevolezza e discriminatorietà – in contrasto con l’art. 3 Cost. – della previsione del medesimo regime di procedibilità (d’ufficio) in relazione a ipotesi marcatamente diverse sul piano delle caratteristiche oggettive della condotta e dell’elemento soggettivo dell’autore del reato.
La previsione della procedibilità d’ufficio sottenderebbe inoltre una valutazione di gravità della condotta delittuosa che non troverebbe riscontro nei lineamenti della fattispecie di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., rispetto alla quale sarebbe anche possibile la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.
La perseguibilità d’ufficio si porrebbe altresì in contrasto con l’art. 24 Cost., ledendo il diritto di difesa sia dell’imputato, cui sarebbe irragionevolmente precluso l’accesso all’istituto dell’estinzione del reato per condotte riparatorie, ex art. 162-ter cod. pen., sia della persona offesa, che dovrebbe attendere la celebrazione del processo penale senza poter ottenere in tempi rapidi il risarcimento del danno attraverso l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile.
Al riguardo, questa Corte sarebbe pienamente legittimata a sollevare innanzi a sé le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. prospettate dalla parte, ponendosi le stesse in «evidente rapporto di continenza e di presupposizione» con quella sollevata dal giudice rimettente (sono citate le ordinanze n. 197 e n. 183 del 1996, n. 297 e n. 225 del 1995, n. 294 del 1993, n. 378 del 1992, n. 179 del 1984, n. 315 del 1983, n. 258 del 1982 e n. 230 del 1975).
2.3.2.– La parte evidenzia infine che, successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 36 del 2018, è stata presentata una proposta di legge (A.C. n. 2227 del 30 ottobre 2019) volta a introdurre la condizione di procedibilità della querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen.
2.4.– In prossimità della pubblica udienza, originariamente fissata al 9 settembre 2020, la parte ha depositato memoria illustrativa, rappresentando che, successivamente alla già indicata sentenza n. 223 del 2019, è stato presentato dal Ministro della giustizia un disegno di legge (A.C. 2435 del 13 marzo 2020) il cui art. 8, comma 1, lettera a), delega il Governo a «prevedere la procedibilità a querela della persona offesa per il reato di lesioni personali stradali gravi previsto dall’articolo 590-bis, primo comma, del codice penale».
2.4.1.– Tale sopravvenienza giustificherebbe una rimeditazione dell’orientamento espresso nella sentenza n. 223 del 2019, oppure il rinvio della decisione dell’odierno incidente di costituzionalità, al fine di consentire al legislatore di modificare il regime di procedibilità del delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., nel senso previsto dal citato disegno di legge.
2.4.2.– Quanto all’istanza di autorimessione delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la parte, citando a supporto un parere pro veritateallegato alla memoria illustrativa, evidenzia come dette questioni si pongano in rapporto di «pregiudizialità, strumentalità e coerenza rispetto al thema decidendum delimitato dall’ordinanza di rimessione», senza indebitamente ampliarlo, alla luce della coincidenza tra le argomentazioni svolte dal rimettente – sia pure con riferimento al solo art. 76 Cost. – e quelle contenute nell’atto di costituzione della parte.
2.5.– A seguito del rinvio d’ufficio dell’udienza pubblica al 4 novembre 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa, nella quale contesta la rilevanza dell’avvenuta presentazione del disegno di legge A.C. 2435, che concreterebbe «una mera sollecitazione rivolta al legislatore delegante a ripensare la scelta compiuta con la legge 23 marzo 2016, n. 41» di prevedere la procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di cui all’art. 590-bis cod. pen.; sollecitazione che spetterebbe poi al Governo decidere se accogliere, attesa «l’assoluta discrezionalità di cui […] godrebbe comunque il futuro legislatore delegato nell’attuare o meno la delega o nell’esercitarla in maniera parziale».
Né sussisterebbero i presupposti per l’autorimessione di questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., essendo le argomentazioni spese nell’ordinanza di rimessione unicamente finalizzate a sostenere il dubbio di costituzionalità – sollevato dal rimettente rispetto all’art. 76 Cost. – circa l’effettiva rispondenza ai principi e criteri impartiti dalla legge di delega n. 103 del 2017 della scelta di non prevedere, nel d.lgs. n. 36 del 2018, la procedibilità a querela per l’ipotesi base del delitto di lesioni stradali.
3.– Con ordinanza del 12 luglio 2019 (r.o. n. 5 del 2020), il Tribunale ordinario di Pisa ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis cod. pen., «nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela di parte per le lesioni colpose stradali non aggravate dalle ipotesi di cui al comma 2».
3.1.– Il rimettente è investito dell’opposizione a un decreto penale di condanna emesso nei confronti di un imputato per il reato previsto dall’art. 590-bis, in relazione all’art. 583, numero 1), cod. pen., per avere, alla guida di un motociclo e in violazione degli artt. 191, commi 1 e 4, e 223 cod. strada, transitando sulla corsia riservata agli autobus e superando sulla destra un furgone dell’igiene urbana, omesso di arrestare tempestivamente il proprio veicolo, così investendo un pedone e cagionandogli lesioni gravi, con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre quaranta giorni.
3.1.1.– In punto di rilevanza delle questioni sollevate, il giudice a quo riferisce che l’imputato ha proposto tempestiva opposizione al decreto penale di condanna, prospettando il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, nonché dell’art. 162-ter cod. pen., che disciplina l’estinzione del reato per condotte riparatorie; che il delitto di lesioni stradali è perseguibile d’ufficio, mentre, ove esso fosse perseguibile a querela, la celebrazione del processo penale potrebbe essere evitata, in forza di una rimessione della querela o della declaratoria di estinzione del reato per condotte riparatorie.
3.1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente, premesso di non condividere il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 162-ter cod. pen. prospettato dalla difesa dell’imputato, ritiene invece non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis cod. pen., nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela del delitto di lesioni stradali gravi o gravissime, in assenza dell’aggravante dello stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
3.1.2.1.– La previsione della procedibilità d’ufficio, nelle ipotesi non connotate da tale aggravante, sarebbe anzitutto foriera di un’irragionevole disparità di trattamento, contraria all’art. 3 Cost., tra il delitto di lesioni stradali gravi o gravissime e quello di lesioni personali gravi o gravissime commesse nell’esercizio della professione sanitaria, procedibile invece a querela.
3.1.2.2.– Sarebbe poi intrinsecamente irragionevole – con ulteriore lesione dell’art. 3 Cost. – la previsione indiscriminata della procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di lesioni stradali gravi o gravissime, a prescindere dalla sussistenza o meno dell’aggravante relativa all’ebbrezza alcolica o all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, atteso il diverso grado di disvalore delle fattispecie.
Ad avviso del rimettente, l’inserzione nel codice penale, a opera della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), della fattispecie delittuosa di cui all’art. 590-bis cod. pen. mirava a sanzionare severamente la causazione di lesioni gravi o gravissime per effetto di condotte di guida poste in essere sotto l’effetto di alcool o di sostanze stupefacenti, atteso l’alto grado di disvalore e di pericolosità sociale che le connota. Tali caratteristiche non sussisterebbero nell’ipotesi di mera violazione delle norme del codice della strada.
Il rimettente – presumibilmente riferendosi all’iter di emanazione del d.lgs. n. 36 del 2018 – rammenta altresì come «la commissione Giustizia della Camera ave[sse] chiesto al Governo di introdurre la procedibilità a querela della fattispecie non aggravata delle lesioni stradali gravi o gravissime» ma come il Governo non avesse dato seguito a tale richiesta, sul rilievo che si sarebbe trattato di «fattispecie criminose di particolare allarme sociale».
Tale ultima considerazione non sarebbe condivisibile, posto che la circolazione stradale appartiene al novero dei settori essenziali dell’odierna «società del rischio», sicché il diverso grado di rischio connesso rispettivamente alla guida in violazione delle norme sulla circolazione stradale e a quella sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti dovrebbe ricevere una risposta punitiva differenziata quanto al regime di procedibilità.
3.1.2.3.– Con riferimento al parametro di cui all’art. 24 Cost., il giudice a quo afferma che la mancata previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis cod. pen., non aggravato dallo stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, risulterebbe incostituzionale anche per «ragioni di opportunità e di realtà processuale, posto che il Tribunale in composizione monocratica viene ad essere investito di casi che presentano un minimo grado di pericolosità sociale, nell’ambito dei quali l’interesse prevalente della persona offesa è quello di ottenere il risarcimento per l’inabilità conseguente alla malattia».
3.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in giudizio.
3.3.– Si è costituito in giudizio l’imputato nel giudizio a quo, insistendo per l’accoglimento delle questioni.
3.3.1.– Ad avviso della parte, la contrarietà ai «parametri di uguaglianza, ragionevolezza e obiettività» della previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis cod. pen., non aggravato dallo stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, si coglierebbe ancora più nitidamente alla luce della delega, contenuta all’art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017, con la quale il legislatore avrebbe conferito al Governo il mandato – disatteso sulla base di un’opinabile lettura dei principi e criteri direttivi impartiti dal legislatore delegante – di prevedere, nell’ambito della riforma del regime di procedibilità di taluni reati, la perseguibilità a querela del delitto di cui all’art. 590-bis cod. pen.
Emergerebbe poi un’irragionevole disparità di trattamento tra il regime di procedibilità delle lesioni stradali (sempre procedibili d’ufficio), da un lato, e quello delle lesioni commesse nell’esercizio della professione sanitaria (invece perseguibili a querela, a norma dell’art. 590 cod. pen., come richiamato dall’art. 590-sexies, primo comma, cod. pen.), dall’altro lato.
Il d.lgs. n. 36 del 2018 avrebbe d’altro canto introdotto la procedibilità a querela per fattispecie di pari o maggiore allarme sociale rispetto al delitto di cui all’art. 590-bis cod. pen., prima fra tutti la violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale (art. 615 cod. pen.).
3.3.2.– Quanto all’irragionevolezza intrinseca della previsione della procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi delittuose contemplate dall’art. 590-bis cod. pen., la parte evidenzia che dalla stessa sentenza n. 88 del 2019 di questa Corte – che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 590-bis cod. pen., il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa, allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai commi secondo e terzo dell’art. 590-bis – potrebbero trarsi spunti per ritenere irragionevole la previsione indiscriminata della procedibilità d’ufficio sia per le fattispecie di lesioni stradali connotate dalla mera violazione delle norme sulla circolazione stradale, sia per quelle caratterizzate dalla guida sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti.
3.3.3.– La norma censurata sarebbe infine contraria ai principi di economia processuale e di «effettività degli standard minimi previsti per la tutela delle garanzie difensive», di cui all’art. 24 Cost.
Considerato in diritto
1.– Con l’ordinanza iscritta al n. 183 del r.o. 2019, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Treviso ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non ricomprende tra i reati perseguibili a querela il delitto di lesioni stradali gravi e gravissime di cui all’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, denunciandone il contrasto con gli artt. 76, 77, primo comma, 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.
2.– Con l’ordinanza iscritta al n. 225 del r.o. 2019, il Tribunale ordinario di Milano, sezione quinta penale, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 Cost., questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 36 del 2018, nella parte in cui, «in contrasto con quanto stabilito all’art. 1, co. 16, l. n. 103 del 27 giugno 2017, omette di prevedere la procedibilità a querela per i delitti di cui all’art. 590 bis co. 1 c.p., commess[i] ai danni di persone che non rientrino nelle categorie di cui all’art. 1 comma 16 lettera a)».
3.– Con l’ordinanza iscritta al n. 5 del r.o. 2020, il Tribunale ordinario di Pisa ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis cod. pen., «nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela di parte per le lesioni colpose stradali non aggravate dalle ipotesi di cui al comma 2».
4.– Le tre ordinanze sollevano questioni analoghe, sicché i relativi giudizi meritano di essere riuniti per la decisione.
5.– Invocando vari parametri costituzionali, i giudici a quibus si dolgono della mancata previsione della procedibilità a querela del delitto di cui all’art. 590-bis cod. pen., limitatamente al primo comma (ordinanze del GIP del Tribunale di Treviso e del Tribunale di Milano) ovvero con riferimento a tutte le ipotesi diverse da quelle previste dal secondo comma (ordinanza del Tribunale di Pisa).
Conviene in proposito sinteticamente rammentare che, prima dell’entrata in vigore della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), le lesioni commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale costituivano una circostanza aggravante del delitto di lesioni personali colpose di cui all’art. 590 cod. pen., mutuandone il regime di procedibilità a querela.
La legge n. 41 del 2016 ha delineato, all’art. 590-bis cod. pen., un autonomo delitto di lesioni personali stradali gravi o gravissime, perseguibile d’ufficio sia nell’ipotesi base di cui al primo comma (caratterizzata dalla generica violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale), sia nelle ipotesi aggravate previste dai commi successivi.
La disciplina della procedibilità d’ufficio del delitto non è mutata nemmeno a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 36 del 2018, oggetto di censura nelle prime due ordinanze, che pure ha introdotto la procedibilità a querela per una serie cospicua di altri delitti, in attuazione della delega di cui alla legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario). La scelta del legislatore delegato di non includere l’ipotesi delittuosa di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen. tra quelle procedibili a querela è stata nel frattempo scrutinata da questa Corte, sotto il profilo della sua compatibilità con l’art. 76 Cost., con la sentenza n. 223 del 2019, ove si è ritenuto che il Governo non abbia travalicato i fisiologici margini di discrezionalità impliciti in qualsiasi legge delega, adottando una interpretazione non implausibile – e non distonica rispetto alla ratio di tutela sottesa alle indicazioni del legislatore delegante – del criterio dettato dall’art. 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103 del 2017.
6.– Quanto all’ammissibilità delle questioni, va rilevato quanto segue.
6.1.– Non è fondata, anzitutto, l’eccezione di inammissibilità delle questioni formulata in via generale dall’Avvocatura generale dello Stato rispetto alle questioni sollevate dal GIP del Tribunale di Treviso e dal Tribunale di Milano, i quali avrebbero omesso di considerare i margini di discrezionalità del legislatore delegato, prospettando un «ipotetico eccesso di delega in minus». Tale eccezione attiene in effetti al merito della questione, anziché alla sua ammissibilità (sentenza n. 223 del 2019).
6.2.– Deve, invece, essere dichiarata d’ufficio l’inammissibilità della censura formulata dal Tribunale di Pisa in riferimento all’art. 24 Cost., per insufficiente motivazione sulla sua non manifesta infondatezza, non risultando neppure chiaro dal tenore dell’ordinanza a quale dei plurimi diritti garantiti dalla norma costituzionale il rimettente intenda riferirsi.
7.– Nel merito, devono anzitutto essere dichiarate manifestamente infondate le censure sollevate dal GIP del Tribunale di Treviso e dal Tribunale di Milano in riferimento all’art. 76 Cost., per le ragioni già indicate da questa Corte nella sentenza n. 223 del 2019.
Le pur articolate argomentazioni spiegate dai rimettenti – peraltro in epoca anteriore alla sentenza predetta –, e le ulteriori considerazioni svolte dalle parti, non offrono, infatti, elementi tali da indurre a un ripensamento delle conclusioni all’epoca raggiunte, che debbono pertanto – in questa sede – essere integralmente confermate.
8.– Manifestamente infondate sono, altresì, le questioni sollevate dal GIP del Tribunale di Treviso con riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 77 Cost.
Lamenta il giudice a quo:
– che il legislatore delegato si sarebbe irragionevolmente posto in contrasto con la ratio complessiva della legge delega n. 103 del 2017, così violando l’art. 3 Cost.;
– che, nel disattendere i principi e criteri direttivi indicati dalla legge delega stessa, si sarebbe discostato dalle scelte di politica criminale del Parlamento, ledendo il principio della riserva di legge in materia penale di cui all’art. 25, secondo comma, Cost.;
– che la mancata inclusione del delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. nel novero dei reati perseguibili a querela, ai sensi del d.lgs. n. 38 del 2016, avrebbe altresì determinato una lesione dell’art. 77, primo comma, Cost., «disciplinante i limiti (qui violati per difetto) entro i quali l’esecutivo può emanare decreti aventi valore di legge ordinaria», avendo il Governo «oltrepassato il chiaro limite dettatogli dal Parlamento».
Così argomentate, le tre censure si rivelano tuttavia meramente ancillari rispetto a quella imperniata sulla violazione dell’art. 76 Cost., già ritenuta non fondata da questa Corte nella menzionata sentenza n. 223 del 2019.
9.– Merita, invece, una considerazione più estesa la censura formulata con riferimento all’art. 3 Cost. dal Tribunale di Pisa, che – come poc’anzi rammentato – dubita della legittimità costituzionale della mancata previsione della punibilità a querela del delitto di lesioni stradali gravi e gravissime in tutte le ipotesi diverse da quelle previste dal secondo comma dell’art. 590-bis cod. pen., il quale delinea la circostanza aggravante della guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli artt. 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada).
9.1.– Secondo il giudice a quo, la previsione della procedibilità d’ufficio sarebbe, anzitutto, foriera di una irragionevole disparità di trattamento tra il delitto in questione e quello di lesioni gravi o gravissime commesse nell’esercizio della professione sanitaria, procedibile invece a querela.
Sarebbe, inoltre, intrinsecamente irragionevole la previsione indiscriminata della procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di lesioni stradali gravi o gravissime, a prescindere dalla sussistenza o meno dell’aggravante relativa all’ebbrezza alcolica o all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, atteso il diverso grado di disvalore di tale fattispecie.
9.2.– Al riguardo, non può negarsi che quanto meno le ipotesi base del delitto di lesioni stradali colpose, previste dal primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., appaiono normalmente connotate da un minor disvalore sul piano della condotta e del grado della colpa. Le fattispecie ivi disciplinate hanno come possibile soggetto attivo non solo il conducente di un veicolo a motore ma anche, ad esempio, chi circoli sulla strada a bordo di una bicicletta. Inoltre, pur concernendo condotte produttive di gravi danni all’integrità fisica delle persone offese, tali fattispecie hanno per presupposto la violazione di qualsiasi norma relativa alla circolazione stradale diversa da quelle previste specificamente nei commi successivi e nelle quali possono incorrere anche gli utenti della strada più esperti.
Simili violazioni sono connotate da un disvalore inferiore a quello proprio delle assai più gravi ipotesi di colpa cui si riferiscono i commi successivi dell’art. 590-bis cod. pen., le quali sono caratterizzate in gran parte dalla consapevole (o addirittura temeraria) assunzione di rischi irragionevoli: ad esempio da parte di chi si ponga alla guida di un veicolo avendo assunto sostanze stupefacenti o significative quantità di alcool, ovvero superi del doppio la velocità massima consentita, circoli contromano o, ancora, inverta il senso di marcia in prossimità di una curva o di un dosso.
Inoltre, a fronte di condotte consistenti in occasionali disattenzioni, pur se produttive di danni significativi a terzi, potrebbe discutersi dell’opportunità dell’indefettibile celebrazione del processo penale a prescindere dalla volontà della persona offesa, specie laddove a quest’ultima sia stato assicurato l’integrale risarcimento del danno subito; e ciò anche a fronte dell’esigenza – di grande rilievo per la complessiva efficienza della giustizia penale – di non sovraccaricare quest’ultima dell’onere di celebrare processi penali non funzionali alle istanze di tutela della vittima.
9.3.– Tuttavia, va rammentato che – in linea generale – le scelte sanzionatorie del legislatore possono essere sindacate da questa Corte soltanto entro i limiti della manifesta irragionevolezza (ex plurimis, sentenze n. 190 del 2020, n. 155 e n. 40 del 2019, n. 222 del 2018 e n. 236 del 2016); e che tale standard vige – più in particolare – anche rispetto alle scelte relative al regime di procedibilità dei singoli reati (ordinanza n. 178 del 2003 e precedenti ivi citati).
Alla luce di tale criterio, ritiene questa Corte che le considerazioni sopra svolte – le quali sono del resto alla base delle diverse iniziative di legge pendenti in Parlamento, miranti a reintrodurre il regime di punibilità a querela delle lesioni stradali di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. – non siano sufficienti a connotare in termini di illegittimità costituzionale la scelta, attuata con la legge n. 41 del 2016 (e confermata, come si è visto, dal d.lgs. n. 36 del 2018), di prevedere la procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di lesioni personali stradali gravi o gravissime; scelta che si iscriveva nel quadro di un complessivo intervento volto ad inasprire il trattamento sanzionatorio per questa tipologia di reati, ritenuti di particolare allarme sociale a fronte dell’elevato numero di vittime di incidenti che ricorre ogni anno sulle strade italiane (sentenze n. 223 e n. 88 del 2019).
D’altra parte, il rimettente sollecita in questa sede un intervento che restauri la procedibilità a querela non solo con riferimento alle ipotesi specifiche di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., ma anche con riferimento alla generalità delle ipotesi previste dal medesimo articolo, con la sola eccezione di quelle di cui al secondo comma. In tal modo verrebbero però ad essere abbracciate dalla regola della procedibilità a querela anche fattispecie caratterizzate da violazioni delle norme sulla circolazione stradale commesse con piena consapevolezza e necessariamente foriere di rischi significativi per l’incolumità altrui, rispetto alle quali il legislatore ha – non irragionevolmente – avvertito il bisogno di un’energica reazione sanzionatoria, finalizzata a rafforzare l’efficacia deterrente della norma indipendentemente dalla richiesta di punizione della persona offesa.
Quanto poi alla lamentata disparità di trattamento, non può a ben guardare ritenersi privo di ogni giustificazione il differente regime di procedibilità previsto per le lesioni stradali e le lesioni provocate nell’ambito dell’attività sanitaria, ove si consideri che quest’ultima è stata recentemente oggetto di ripetuti interventi da parte del legislatore – prima con l’art. 3, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189, e poi con l’introduzione dell’art. 590-sexies cod. pen. ad opera dell’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie) – miranti proprio a delimitare l’ambito della responsabilità degli operatori sanitari rispetto ai criteri applicabili alla generalità dei reati colposi, onde contenere i rischi necessariamente connessi all’esercizio di una professione essenziale per la tutela della vita e della salute dei pazienti ed evitare, così, il ben noto fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”, produttivo di inutili sprechi di risorse pubbliche e scarsamente funzionale rispetto agli stessi scopi di tutela della salute.
9.4.– Dal che la non fondatezza della censura di violazione dell’art. 3 Cost.
Rientra nella discrezionalità del legislatore l’individuazione delle soluzioni più opportune per ovviare agli indubbi profili critici segnalati dalle ordinanze di rimessione, i quali – pur non assurgendo al vizio di manifesta irragionevolezza della disciplina censurata – suggeriscono, tuttavia, una complessiva rimeditazione sulla congruità dell’attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall’art. 590-bis cod. pen.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Pisa, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo le, 76 e 77, primo comma, Cost., dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Treviso e dal Tribunale ordinario di Milano, sezione quinta penale, con le ordinanze indicate in epigrafe;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis cod. pen., sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dal Tribunale ordinario di Pisa, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 2020.
F.to:
Mario Rosario MORELLI, Presidente
Francesco VIGANÒ, Redattore
Filomena PERRONE, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2020.