L’imputata era stata condannata (oltre che per maltrattamenti in famiglia), a titolo di concorso col marito, per il reato di violenza sessuale, materialmente perpetrato da quest’ultimo in danno della figlia minorenne e dalla stessa non impedito.
Tutte le argomentazioni difensive vengono rigettate dalla Cassazione, la quale ribadisce che l’ottenimento delle c.d. “generiche” non costituisce un diritto spettante al soggetto incensurato, ma richiede il riscontro di elementi positivi che ne giustifichino la meritevolezza.
Del tutto irrilevante viene poi ritenuta la sudditanza psicologica della donna nei confronti dell’uomo, in quanto assolutamente recessiva rispetto al preminente diritto della piccola alla salute ed alla propria libertà sessuale.